L’unico Sistema possibile?

Perché a un certo punto della vita l’essere umano smette di sognare?

È evidente che c’è qualcosa che non va nel nostro sistema; o è così che il sistema vuole che le cose vadano?

Siamo stati allevati e alleviamo i nostri bambini considerando la vita come una grande gara, e così corriamo e insegnamo ai nostri figli a correre e gareggiare. Ma la gara dà solo due risultati: la vittoria o la sconfitta.

C’è una divertente barzelletta che parla di due amici, uno moderno e acculturato e l’altro ignorante, che vanno allo stadio a vedere le gare di atletica. Quello ignorante, che non è mai stato allo stadio e non sa minimamente cosa stia per succedere, chiede lumi all’amico acculturato il quale, con piglio sicuro e il tipico sorriso del saccente, gli risponde: “Vedi quei ragazzi inginocchiati in pantaloncini e con le canottiere numerate? Quelli sono i corridori o atleti. E vedi quell’uomo vestito di bianco, in piedi al bordo della pista, con il braccio alzato e la pistola in pugno? Quello è lo starter. Beh, quando lo starter esploderà un colpo da quella pistola, vedrai quegli atleti schizzare in piedi e correre velocissimi fino alla cordicella. Lì, è il traguardo; quindi il primo che arriva a quella cordicella, vince”.

“Che cosa vince?” chiede incuriosito l’amico ignorante.

“Una medaglia d’oro, tanti soldi e notorietà”, replica l’amico acculturato.

Stupore e meraviglia sul volto dell’amico ignorante che di lì a poco, però, si fa riflessivo ed esclama: “Ma tutti gli altri, che cosa corrono a fare?”.

Poi c’è un proverbio africano, erroneamente attribuito a Luigi Einaudi, che dice: “Ogni giorno nella savana una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del leone, per non essere mangiata. Ogni giorno nella savana il leone si sveglia e sa che dovrà correre più veloce della gazzella, per non morire di fame. Perciò non importa che tu sia leone o gazzella, ma comincia a correre più veloce che puoi”.

Ora, se volessimo approfondire la domanda sportiva dell’amico ignorante, forse ci accorgeremmo che non è del tutto sciocca. Ma lo sport è gioco, è competizione e ci sta, quando lo sport è sano, va bene; come ci sta che la gazzella debba correre a perdifiato tutto il giorno, e tutti i santi giorni, per non essere mangiata dal leone; ma noi, gente non animale del quotidiano civile campare, non siamo né su una pista d’atletica né nella savana. Noi siamo esseri umani pensanti e perfettamente in grado di organizzarci in comunità e vivere pacificamente ognuno nel rispetto degli altri. Questo, naturalmente, in teoria. Nella vita pratica di tutti i giorni invece siamo tutti in corsa a gareggiare; anzi, direi a lottare gli uni contro gli altri “armati”. E ciò, come sappiamo porta inevitabilmente alla vittoria di uno (o di pochi) e alla sconfitta di molti.

A tale proprosito sono a chiedermi spesso, se il nostro sia l’unico Sistema possibile? Se non vi sia un altro modo che non ci faccia vivere costantemente in ansia e sotto stress? Se vi sia una maniera più umana di “gareggiare”, così da poter dare priorità più all’essere che all’avere e vivere tutti un po’ più sereni e in pace.

Per fare questo, a mio modesto parere, si dovrebbe un tantino dissentire dal pensiero unico del liberismo sfrenato in cui il Sistema ci ha lentamente e inesorabilmente ingabbiato, cominciando dalla scuola. Oggi, più che mai, la scuola sembra vivere anch’essa in funzione del Mercato: informa, più che formare; utilizza questionari, esami a quiz e infine decreta il suo verdetto mediante pagelle e schede di valutazione. Insomma, “addestra” gli uomini di domani, essenzialmente su base mnemonica, a servire fedelmente il Mercato e non a servirsene. I più bravi poi sono assunti in aziende importanti, anche all’estero, i cui proprietari molto spesso sono stati, a loro volta, paradossalmente gli ultimi della classe. E com’è possibile che accada una cosa del genere?

Secondo autorevoli studi internazionali, la scuola non tiene conto delle caratteristiche personali degli alunni. Infatti, molti di loro, ritenuti “insufficienti” dall’istituzione scolastica, hanno poi successo nella vita lavorativa perché dotati di caratteristiche non previste da pagelle o da documenti valutativi ufficiali. E quali sono queste caratteristiche? Vediamole insieme.

Qualità personali: Perseveranza, controllo emotivo, capacità di tollerare lo stress, apprendere dagli errori o dagli insuccessi.

Desiderio di autorealizzazione: Spinta verso il successo.

Propensione al rischio: Capacità di assumersi dei rischi.

Carisma e Leadership: Capacità di prendere decisioni strategiche.

Creatività e Innovazione: Spirito d’iniziativa.

Capacità relazionali: Socievolezza, estroversione, predisposizione all’ascolto e a fare gruppo.

Self-efficacy (auto-efficacia): fiducia in se stessi.

I programmi scolastici non prevedono queste cose ma soltanto una serie di materie e nozioni da imparare a memoria. E allora succede che i ragazzi non sviluppano il loro senso critico, perdono d’iniziativa e smettono di sognare. Quanti di loro, laureati a pieni voti anche in prestigiose università, finiscono nei call center o a fare lavori umili e sottopagati? Tanti. Troppi. E quante “mezze calzette” occupano posti di potere, soprattutto nelle istituzioni pubbliche? Il nostro paese, forse più di altri, non tiene conto del valore umano e non pratica il sano esercizio della meritocrazia. Per questo è di moda, ahinoi, la fuga dei cervelli all’estero; dunque, c’è davvero qualcosa che non va in questo Sistema che obbliga le istituzioni a fare dei nostri figli e di noi stessi degli automi non pensanti e deumanizzati. Ma va detto anche, a onor del vero, che noi non siamo le vittime innocenti del Sistema: ci mettiamo (ignari o consapevoli) del nostro per assecondarlo. E così diveniamo sempre più meno liberi, meno umani e senza sogni.

Giovanni Matera

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