L’atteggiamento mentale la vera discriminante

 “Cambiando atteggiamento verso le cose o le persone, va a finire che le cose o le persone Cambiano.” Luca Mazzucchelli

 Perché alcune persone hanno più successo di altre? Apparentemente prive dei mezzi necessari, riescono ad ottenere risultati straordinari, mentre altre, a prima vista in possesso di tutti gli strumenti e le competenze, non ci riescono affatto.

Ci sono persone che dal nulla, sono riuscite a creare degli imperi, mentre altre persone, pur ereditando degli imperi, non sono riuscite a costruire nulla.

L’istruzione? Forse. In parte. La formazione? In un certo senso sì! Le abilità tecniche? Sì, parzialmente. Ma non sono solo queste le cose che hanno fatto la grande differenza. La verità è che è sempre l’atteggiamento mentale, la vera discriminante: il coraggio di fare scelte difficili, non arrendersi quando tutto sembra perduto; rialzarsi dopo ogni singola caduta, tenendo bene a mente che non perdiamo mai. O vinciamo o impariamo.

Vilfredo Pareto (1848 – 1923) è stato un ingegnere, economista e sociologo italiano.

Pareto, infatti, sosteneva che in quasi tutti i fenomeni, circa un 20% delle cause determina l’80% degli effetti. Prendiamo ad esempio la clientela di qualsiasi azienda. Normalmente il 20% dei clienti dell’azienda determina l’80% del suo fatturato.

Nel nostro caso si può dire che un buon 20% è formato da persone che vogliono cose nuove: idee, tecnologie e prodotti nuovi, e sono i cosiddetti “visionari/innovatori”; mentre l’altro 60% è fatto da persone che vogliono soluzioni complete, già testate da altri e convenienti, e sono i cosiddetti: “pragmatici conservatori”. A completare l’80% indicato da Pareto, ci sono gli “scettici/ritardatari”.

Quindi sono loro i visionari a guidare il processo di cambiamento. Sono loro i primi pionieri che, spinti da una grande meta, puntano a cambiare o a rivoluzionare il mercato. I visionari sono guidati da un’intuizione o da un sogno e cercano a tutti i costi una svolta decisiva. Animati da questa forza dirompente e da una grande energia, tendono a non essere preoccupati dalle possibilità di guadagno immediate e non hanno paura a mettere in gioco sforzi extra per lanciare la loro idea, spesso giocandosi il tutto per tutto.

Queste persone si trovano ad affrontare i primi ostacoli (collaboratori contrari, banche, soci scettici, famiglia preoccupata ecc…) e quindi un passaggio delicato, tanto che, se non si è capaci di fronteggiare queste forze opposte, i visionari molleranno e l’idea morirà insieme alle loro buone intenzioni.

Oltre al grande coraggio, necessario per inseguire il cambiamento, esistono altri fattori che possono incidere pesantemente su questo processo. Se non abbiamo chiaro il motivo che ci spinge a cambiare, non ce la faremo di certo a superare le difficoltà che si presenteranno. Vediamo quali sono:

Consapevolezza del valore di noi stessi e della nostra idea;

 Il livello di intenzione, ovvero senza azione anche lo scopo più bello, di valore ed esaltante, rimane solo un sogno;

 Il nostro “ardente desiderio”.  Il nostro essere visionari deve essere in grado di contagiare gli “innovatori” del “cambiamento” e poi anche i “pragmatici”.

 Questa è la dimostrazione che un’idea vale zero senza la sua esecuzione.

Se vogliamo veramente il cambiamento, dobbiamo smetterla di incartarci e guardare la realtà oggettiva delle cose. Se vogliamo che le cose cambino, iniziamo a cambiare noi; cioè a cambiare alcuni paradigmi: da “Non stimo i miei collaboratori perché non fanno quello che gli chiedo” a “ Non fanno quello che gli chiedo, perché non li stimo abbastanza”; da “Non elogio e non premio i miei venditori, perché non vendono abbastanza” a “Non vendono abbastanza, perché non li elogio e non li premio. Da: “Sono incazzato e non sorrido ai clienti perché non incasso abbastanza” a “Sto subendo la crisi e non incasso abbastanza perché non sorrido ai clienti e sono sempre incazzato”.

Qual è il nostro perché? Perché agiamo? Quali sono le forze che ci muovono e che ci fanno alzare la mattina?

La maggior parte delle persone, e purtroppo anche delle nostre aziende o dei liberi professionisti, si concentra sul “cosa” fare o al massimo sul “come” farlo, ma riflettiamo poco sul perché lo stiamo facendo. Un venditore potrebbe sapere bene “cosa” vendere (un servizio o un prodotto) e magari sapere anche “come” farlo (tecniche di comunicazione, promozione sui social, ecc.), ben diverso è quando l’azienda in primis e i suoi manager e collaboratori sappiano bene per che cosa stiano lavorano e producendo. Il perché esistiamo come impresa, il perché un cliente dovrebbe sceglierci. L’aver chiaro quale sia il nostro fine fornisce una carica potente, un entusiasmo che permette non solo di superare gli ostacoli della vita, ma anche di influenzare positivamente gli altri.

Non è più possibile pensare di pagare le persone per il tempo che trascorrono in azienda a fare il lavoro! L’equazione corretta è:

Valore aggiunto portato in azienda = denaro!

Iniziamo a chiederci subito se i nostri collaboratori vengono in azienda per lavorare o per ottenere un risultato di valore per la nostra organizzazione. Può sembrare banale, ma fa una grande differenza.

Ricordiamoci sempre che la qualità del “fare” di oggi è determinata da quanto la persona ha preso davvero consapevolezza di ciò che vuol e che ha deciso di ottenere.

Giovanni Matera

Per consultare altri miei articoli:

www.giovannimatera.it