Il pensiero laterale
Il primo obiettivo del pensiero laterale è di dimostrare che le idee dominanti possono essere più dannose che utili.
Il pensiero laterale sembra avvicinarsi alla follia nella misura in cui si allontana dalle regole della logica e del pensiero verticale (pensiero verticale: è quello logico o matematico, razionale, tradizionale, analitico e sequenziale).
Pochi posseggono una naturale attitudine al pensiero laterale, ma tutti possono acquisirla in qualche misura, applicandovisi con impegno. I metodi didattici tradizionali normalmente non fanno nulla per incoraggiare la gente all’acquisizione di una mentalità laterale, anzi, di fatto, la ostacolano per la loro esigenza di adattare il pensiero alle strettoie di una serie di controlli.
Spesso si sottovalutano le conseguenze del predominio delle teorie generalmente ritenute valide. Esse sono considerate utili punti di partenza in attesa del momento di compiere ulteriori passi in avanti. Questo è un atteggiamento che, se può portare a risultati pratici, può anche impedire il manifestarsi di idee originali.
La radio, la televisione, la stampa diffondono informazioni e nozioni culturali seguendo modelli standard: esse hanno il diritto e forse anche il dovere di predisporre il materiale informativo in maniera accessibile a tutti, e ciò implica l’impiego di idee dominanti, ma in tal modo risulta anche troppo facile per il lettore e lo spettatore accettare le impostazioni nitidamente delineate che ne risultano. Così la grande quantità delle notizie nuove, messe a disposizione da questi mezzi di diffusione, molto raramente riesce a ispirare idee originali a un pubblico che, per pigrizia, resta dominato dalle impostazioni adottate dai presentatori di queste notizie.
Verso la fine del secolo scorso, gli scienziati di fisica erano molto soddisfatti di se stessi. Sembrava che tutto quel che c’era da spiegare, fosse stato spiegato. Teorie e calcolo sperimentale andavano d’amore e d’accordo. Il loro compito in futuro si sarebbe limitato e una più precisa elaborazione di calcoli entro le grandi linee della struttura teoretica nota. Ma poi arrivarono Plank ed Einstein e presto tutti costatarono che la fisica era una scienza ben lontana dalla perfezione, era anzi agli inizi.
Tante volte il compiacimento per i risultati ottenuti, la mancanza di problemi e la mancanza di immaginazione, ci fa accettare soluzioni mediocri. Troppo spesso si ritiene che non si abbia il diritto di mettere in discussione una teoria finché non se ne presenti una migliore. Questo è il sistema più sicuro d’impedire la nascita di teorie nuove. Credere di trovare una soluzione originale, cercandola nell’ambito della vecchia, è tempo sprecato. Allacciare il nuovo schema al vecchio è inutile e inibitorio.
Quando si affronta un problema, è prassi comune delimitarlo entro una determinata inquadratura e cercarne la soluzione al suo interno. Si accetta come un dato dimostrato che una certa linea rappresenta i confini del problema, ed è all’interno di questi confini che il pensiero verticale ricerca la soluzione. Molto spesso, però, questi confini non esistono nella realtà e la soluzione può trovarsi al loro esterno.
Il metodo laterale permette di passare deliberatamente in rassegna, in rapida successione, diverse alternative. L’esperienza e la capacità d’indagine problematica dell’intelletto, permettono di associare automaticamente elementi tratti da alternative diverse fino a ottenere una soluzione valida.
La strada maestra del metodo logico conduce dritto a quella che pare la soluzione del problema; può darsi, invece, che per arrivare a una reale soluzione di questo si debba procedere nella direzione opposta. Poiché il pensiero laterale non ha direzioni obbligate, non gli è difficile allontanarsi da un problema per poterlo risolvere. La fluidità del possibile non impedisce l’emergere di idee nuove, come invece fa una mentalità rigidamente logica.
Chi si serve del pensiero laterale, si guarda in giro e si pone mille domande in piena libertà. Ci sono cose che si possono notare solo per il piacere di notarle. Nessun tentativo di spiegarle subito, di dargli importanza. Si notano e basta. Se ispirano un’idea, tanto meglio, se no, non si cerca di strizzarcela fuori. È questo, un metodo che più tardi potrà dare dei frutti.
Una cosa è notata così com’è, nella sua forma pura, senza collocarla in una scala di valori, senza adattarla a un concetto. Grazie a questa larghezza di libertà di recezione, diventa possibile abbracciare tutte le nozioni che si presentano senza sentire ogni volta la necessità di spiegarle, classificarle, organizzarle. È in questo modo che il caso collabora all’elaborazione delle idee nuove.
Come mai i bambini a un certo punto smettono di giocare? Forse perché ai loro occhi il mondo, da luogo inesplorato in cui possono accadere cose meravigliose, diventa un ambiente famigliare nel quale ogni cosa riceve piano piano una sua spiegazione precisa, e il fastidio di questa raggiunta familiarità con le cose fa loro perdere il gusto di giocare.
Siamo stati tutti bambini, però, da adulti, ce ne dimentichiamo.
Giovanni Matera
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