“L’impresa, prima gradualmente e poi improvvisamente, entrò in una profonda crisi finanziaria e fallì”. Perché?
Quali sono i motivi che hanno fatto chiudere quell’azienda?
La risposta non è semplice, perché diverse cose non avevano funzionato. La questione fondamentale è che l’azienda valutava le sue capacità e le qualità della sua performance solo attraverso l’analisi dei risultati economico-finanziari, la cui importanza è fuori discussione, ma che hanno un grosso limite: sono a consuntivo. Sono cioè espressione del passato, appartengono alla storia dell’impresa, non forniscono alcuna indicazione utile circa la capacità di generare valore in prospettiva e competitività futura.
L’azienda di cui stiamo parlando era caratterizzata da un’eccessiva focalizzazione sugli aspetti tangibili “hard” dell’organizzazione (costi, ricavi, tecnologie, strutture e sistemi) e dedicava scarsa attenzione a quelli intangibili, fondamentali per competere nella nuova era, in continua mutazione, in cui l’azienda era decisamente entrata senza accorgersene.
Da questa rapida cronaca di un fallimento non annunciato, emerge una lezione da apprendere. Oggi gli aspetti intangibili “soft” quali la capacità di innovare l’immagine, la corporate identity, la vivacità intellettuale e la customer satisfaction, per citarne solo alcuni, rappresentano la vera competitività dell’impresa e ne misurano la vitalità nel tempo.
Nella passata era capitalistica, il capitale e il lavoro erano i fattori produttivi fondamentali. Oggi, in pieno periodo post-capitalistico, invece, l’economia vede l’informazione come elemento chiave per conseguire la conoscenza. La conoscenza è diventata il vero fattore critico di successo. Non è più una delle tante risposte, ma la risposta principale. Sicché, in questo evo di conoscenza e di immaginazione, è necessario saper comprendere e gestire i paradossi di due tesi contrapposte, ad esempio, le quali possono essere vere entrambe. Ciò che una volta sembrava distinto, chiaro e separato, oggi appare indistinto, confuso e indeterminato. Tutto è stravagante, come in una fiction.
In questa realtà caratterizzata da un’ipercompetizione e quindi da una vasta scelta, il cliente è divenuto un mattacchione ammiccante che ama di più la sorpresa e i paradossi; si è fatto imprevedibile e, di conseguenza, i mercati sono diventati il tipico esempio di sistema non lineare e caotico nel quale l’esercizio della previsione tradizionale è sempre più inadeguato, se non addirittura dannoso. Il nuovo management, formato sulla razionalità di ciò che è tangibile e misurabile, è costretto a confrontarsi con sistemi inediti e contraddittori ai quali non è in grado di far fronte.
Insomma, i vari studi e le diverse strategie imprenditoriali finalizzate al solo incremento del profitto e alla mera espansione dell’azienda, stanno cedendo il passo ai cosiddetti intangibili: all’esperienza, alla conoscenza, a quelle aziende che hanno saputo costruire e consolidare nel tempo un’immagine, professionalmente ed eticamente affidabile, mediante cui sono riuscite a intessere dei rapporti leali e soddisfacenti con i propri collaboratori, con i fornitori e soprattutto con i clienti grazie ai quali possono vantare brillanti consuntivi e ben sperare su altrettanti rosei preventivi.
Giovanni Matera
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