Diventiamo padroni del nostro destino

 Tutto ciò che ci succede, tutto ciò che diventiamo e realizziamo è determinato dal modo in cui pensiamo, da come usiamo il cervello. Quando iniziamo a modificare la nostra mente, allora inizia a cambiare la nostra vita. Ma come siamo arrivati, dove siamo ora? Quali influenze formative hanno contribuito a fare di noi la persona che oggi siamo?

Proviamo allora a capire il nostro funzionamento e il modo in cui siamo finiti, sin dalla tenera età, sotto il controllo di una specie di pilota automatico, ossia del nostro programma maestro (predisposizione subconscia).

Abbiamo le potenzialità per fare qualcosa di speciale e straordinario nella nostra vita. Qualcosa che nessun altro potrebbe fare, ma è necessario che ci poniamo una vera e fondamentale domanda: “Abbiamo veramente intenzione di farlo?”.

Bene. Adesso cominciamo a chiederci da dove provengono le nostre credenze e le nostre convinzioni. Questi interrogativi ci rimandano a quella che forse è ritenuta la più grande conquista nella ricerca psicologica del XX secolo: la scoperta dell’autoconcetto (la totalità delle percezioni che ogni persona ha di se stessa). In altre parole: Siamo, dove siamo e quello che siamo, in ragione di ciò che pensiamo.

Per meglio intenderci sul significato di autoconcetto, vi racconterò una breve storia di un giovane operaio edile il quale si trovò, per caso, a partecipare a un corso di formazione per imprenditori tenuto nella sua città. Durante una lezione sull’influenza dell’autoconcetto, ne rimase letteralmente shoccato. Improvvisamente gli si “accese una lampadina” e intervenne a dire di suo padre, un operaio privo di istruzione, il quale aveva l’abitudine di ripetere ossessivamente ai propri figli che la loro famiglia era, e sarebbe rimasta per sempre, una famiglia di operai: “E’ questo il nostro posto nelle società; è così e basta!”.

Il ragazzo, crescendo, accettò il ripetitivo suono di quelle parole come un fatto, una credenza e, quando precocemente lasciò la scuola, iniziò a lavorare anche lui come operaio.

Durante quel corso formativo di colpo il nostro venticinquenne si rese conto di aver accettato dal padre, a “scatola chiusa”, la sua limitata visione della vita assimilandone l’intero sistema di credenze. Capì che, fino ad allora, aveva guardato se stesso e il mondo attraverso gli occhi del suo genitore. Aveva involontariamente permesso a suo padre di plasmare, in relazione al suo lavoro e alle sue possibilità, il proprio autoconcetto. Si accorse di come le sue convinzioni avessero modellato le sue aspettative, il suo atteggiamento e di come aveva continuato ad attirare soltanto opportunità lavorative di tipo manuale. Comprese che il suo mondo, le sue relazioni e il suo stile di vita erano stati interamente determinati dalle credenze interne; e fu in quel momento che decise che non gli piaceva più fare l’operaio. Aveva sempre pensato di poter fare molto di più, ma si era sempre sentito in trappola. Ora stava provando un nuovo senso di libertà e controllo. Aveva capito, per la prima volta, che i suoi limiti si trovavano dentro di sé, e non al di fuori.

Dopo il corso formativo lasciò il lavoro ed entrò nel campo delle vendite, cominciando dal basso. All’inizio non andò benissimo, ma era determinato. Lesse ogni libro, ascoltò ogni audio cassetta, guardò ogni video, partecipò a ogni seminario possibile che riguardasse la vendita e, nel giro di un anno, raddoppiò il suo reddito. In due anni lo quadruplicò, raggiungendo il vertice della forza vendite dell’azienda, dove fu presto assunto per ricoprire una posizione più redditizia e ricca di opportunità.

Qualche anno dopo, quel ragazzo era diventato un uomo benestante e felice. Possedeva una bella casa, aveva una splendida moglie, due figli meravigliosi e un brillante futuro davanti. Era diventato, di fatto, padrone del proprio destino.

Questo piccolo racconto c’insegna che non possiamo agire in maniera diversa dal nostro programma maestro, proprio come un computer non può ignorare il suo sistema operativo. Prendiamo ad esempio i numerosi casi in cui delle persone povere hanno vinto grosse somme di denaro alla lotteria. Molte di esse, nell’arco di due o tre anni, si sono ritrovate nuovamente povere e senza un’idea di come ciò fosse potuto accadere. Semplice. Nonostante li avesse baciati la fortuna, non hanno avuto la forza di uscire dalla loro “povera” zona di confort.

La zona di confort è il grande nemico del potenziale umano. In essa si consolidano abitudini di vita difficili da modificare, e ogni abitudine persistita nel tempo, alla fine crea un solco; quindi, invece di usare la nostra intelligenza per uscire da quel solco, spendiamo la maggior parte delle nostre energie per renderlo più comodo. Giustifichiamo e razionalizziamo la situazione pensando che sia immodificabile. Sentiamo e diciamo di non poterci fare nulla.

Tutt’altro! Diventare padroni del nostro destino si può e si deve al nostro benessere psicofisico, sociale ed economico. La prima cosa da fare è modificare il nostro autoconcetto, sapendo però che esso si compone di tre parti essenziali, come i tre strati di una torta:

  1. Il sé ideale, che rappresenta la visione o la descrizione ideale della persona che vorremmo essere.
  2. L’immagine di sé, che sarebbe il modo in cui vediamo e pensiamo a noi stessi, mentre gestiamo le nostre occupazioni quotidiane.
  3. L’autostima, che è data dal modo in cui ci percepiamo e ci consideriamo.

Credo non ci sia altro da aggiungere, se non una frase dal grande Einstein che ci servirà da stimolo e incoraggiamento: Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi; quindi, per raggiungere traguardi diversi, bisogna fare cose diverse.

Giovanni Matera

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