Dimmi con chi vai?

Se non sei capace di prendere decisioni per te stesso, gli altri le prenderanno per te e vivrai una vita in catene”.  (Stephen Littleword)

Capita spesso di domandarci, se ci comportiamo in questo modo, se scelgliamo di andare in questa direzione, che cosa penseranno di noi? “Loro”, in questo caso, sono il gruppo di persone la cui opinione per noi conta maggiormente, in particolare quando dobbiamo prendere una decisione. Sono persone che apprezziamo, stimiamo, come la famiglia, gli amici, i colleghi, i compagni di squadra… I nostri pari, insomma.

I pari sono le persone con le quali tendiamo a stabilire un rapporto di rispetto e di fiducia, perché le sentiamo affini. Con loro condividiamo idee, valori e percorriamo tratti più o meno lunghi di vita. È facile essere contagiati da loro, con un gioco di parole potremmo dire che i nostri pari hanno su di noi un’influenza emotiva “senza pari”.

Migliaia di anni di evoluzione ci hanno insegnato che, in caso di incertezza, non c’è sistema più collaudato per decidere come comportarci che osservare gli altri. Ma è la cosa migliore?

Si tratta, infatti, di una comoda alternativa, per non dire scappatoia, all’onere di decidere con la propria testa, rischiando di affidarci al pilota automatico dell’adattamento anche quando adeguarsi, è tutt’altro che opportuno. Perfino il comportamento di persone che non conosciamo direttamente può talvolta orientare le nostre scelte. Allora da dove trae la sua forza, il gruppo dei pari? La risposta è di una semplicità disarmante: da noi stessi. Siamo noi stessi che conferiamo tutto questo potere al gruppo dei pari, e il motivo è lampante: da quel potere riceviamo un benessere psicologico immediato perché, appartenere a un gruppo, soddisfa pienamente i nostri bisogni fondamentali. Anthony Robbins li aveva elaborati già negli anni novanta, vediamoli:

Sicurezza

Cosa c’è di più tranquillizzante di passare il proprio tempo insieme a persone che conosciamo, che ci vogliono bene, di cui conosciamo il carattere, gli schemi mentali e le abitudini?

Varietà

Il gruppo dei pari, con le sue storie e l’intreccio delle vicende personali, ci offre senz’altro quel pizzico di varietà necessaria perché la nostra vita non sia troppo noiosa.

Importanza

Da ragazzini, se eri parte del gruppo, contavi; se ne eri escluso, eri uno sfigato. Da grandi il concetto non cambia granchè: essere accettati e stimati dal gruppo, ti fa sentire importante.

Amore/unione

Bisogno psicologico molto forte di amore, di sentirsi uniti a qualcosa o qualcuno, di appartenenza, condivisione e intimità.

Crescere

Così come per il gruppo dei pari può bloccarti, allo stesso modo se ti circondi di persone stimolanti, esso ti aiuterà a migliorare, ti spronerà ad acquisire nuove competenze.

Contribuire

La nostra cerchia di conoscenze e affetti ci offre innumerevoli occasioni per appagare anche questo bisogno, aiutando chi si trova in difficoltà.

“L’uomo è per natura un animale sociale”   (Arisotele)

Analizzando i punti appena descritti, converrete con me che non è facile prendere decisioni che provochino delle reazioni discordanti dal gruppo. Il timore inconscio di essere escluso, di perdere la stima di qualcuno e di perdere la possibilità di soddisfare i suddetti bisogni fondamentali, è doloroso; se lo si fa, non lo si fa mai a cuor leggero.

Al contrario, per corrispondere alle attese del gruppo dei pari, la maggior parte delle persone è inconsciamente disposta a sacrificare le proprie aspirazioni, i propri desideri, a modificare i propri comportamenti, dando in tal modo sempre più forza a questa forma di dipendenza emozionale. Gli amici che ci prendono in giro, i genitori che non sono d’accordo e gli sguardi di riprovazione dei colleghi, possono essere paragonati a fari montati sulle torrette di controllo che sorvegliano una sorta di carcere nel quale decidiamo, inconsapevolmente o no, di soggiornare.

Forse un po’ ho esagerato, ma volutamente esagerato affinchè questo concetto risulti facile da ricordare. Scegliere bene i nostri pari, quando e possibile, è importante. Dal momento che è così, abbiamo sempre una scelta; anzi, per la verità, ne abbiamo tre. Riguardo al gruppo dei pari, possiamo decidere di seguire uno dei tre modi seguenti. Con una premessa, però, che sono incompatibili fra loro. Ma se siamo chiamati a decidere davvero, non potremo salvare capra e cavoli.

Lo segui. Questa è senza dubbio la soluzione più semplice… ma anche la più limitante. Chi segue ciecamente i propri pari si espone alla certezza di essere dipendente dagli altri e al rischio di scegliere un futuro che non gli appartiene, che nei casi peggiori è mediocre, senza possibilità di cambiamento e di crescita. Con questo non voglio dire che seguirli sia sempre un errore, sarebbe una generalizzazione. Tuttavia, è importante che la decisione di diventare chi vuoi davvero essere, spetti soltanto a te.

Lo lasci. Abbandonare il proprio gruppo può essere una scelta dolorosa, ma a volte necessaria; e, in casi estremi, anche la più saggia. Allontanarsi significa compiere una scelta d’indipendenza, equivale a dire a te stesso che d’ora in poi camminerai solo con le tue gambe, che nel prendere le decisioni potrai, come sempre, ascoltare i pareri degli altri e farne tesoro, ma alla fine deciderai solo con la tua testa. Questa scelta, in alcuni casi, può essere il naturale approdo a un cambiamento, soprattutto interiore. Potresti sperimentare il non riconoscerti più in ciò in cui prima ti rispecchiavi completamente, potresti addirittura non sopportare più i vecchi schemi di comportamento.

Lo guidi. È la scelta del leader. Per compierla con successo, però, devi essere prima in grado di guidare te stesso, riconoscendo che essere un leader non è un privilegio, ma prima di tutto una responsabilità verso se stessi e gli altri. Il leader guida con l’esempio, non con le chiacchiere o con i proclami.

A te la scelta!

Giovanni Matera

Per consultare altri miei articoli:

www.giovannimatera.it