Se imparassimo a pescare?
Un antico proverbio cinese, recita: “Se un uomo ha fame non regalargli un pesce, ma insegnagli a pescare. Solo così non lo avrai sfamato per un giorno, ma per sempre”. Un personaggio a noi tutti noto, Gianni Agnelli, in un’intervista, disse: “A ognuno di noi è data una possibilità. Prima o poi ci passa davanti un cavallo bianco. C’è chi vi sale sopra e chi no. Per chi vi rinuncia, i motivi possono essere tanti: la pigrizia, la distrazione, o semplicemente il non avere un sogno in cui credere. Una cosa è certa: quelle persone potrebbero non avere un’altra possibilità e, di conseguenza, pagare un alto prezzo alla vita o al mercato”.
La morale di questa intervista non è altro che una questione di atteggiamento: salire sul quel cavallo significa fare = cambiare; non salire invece equivale a spegnersi = estinguersi.
Ho voluto di proposito riprendere questa metafora dal mio libro, La Cassetta degli attrezzi*, per sottolineare come molti assistono impassibili al passaggio di tanti cavalli bianchi (opportunità) davanti a loro.
Andando a spulciare in quello che la politica locale ha fatto negli ultimi anni, scopriamo una serie di attività svolte e opportunità create nel turismo, nei bandi di concorsi, nell’istituzione del marchio De.Co., nelle candidature per l’ottenimento delle Bandiere Arancione e Verde, nelle collaborazioni con “Matera Capitale della cultura” e così via. Io stesso, con il supporto di persone molto qualificate, ho organizzato e svolto corsi di formazione gratuiti per imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti e giovani alle prime esperienze lavorative o in cerca di lavoro. La cosa incredibile è stata la scarsa partecipazione, insieme all’amara costatazione che sono ancora in pochissimi (sotto questi chiari di luna) a cogliere tali opportunità. Allora ho provato ad analizzarlo attentamente questo fenomeno e sono giunto alle seguenti conclusioni:
La nostra cultura allontana l’imprenditorialità. Il turismo e le piccole realtà artigianali si stanno spostando sempre più su una gestione imprenditoriale. Il problema è da ricercare nella famiglia: la mamma vuole il posto fisso per il figlio. Ci siamo mai chiesti perché un normale giovane italiano che vada a lavorare in qualsiasi parte del mondo, subito diventa imprenditore, valido ricercatore, miglior manager in qualsiasi azienda? Qualcuno potrebbe obiettare che è anche merito della formazione scolastica ricevuta in Italia. E’ vero! Ma, allora, perché quelle loro capacità non le sprigionano anche in casa nostra?
Le aziende e i posti di lavoro li creano gli imprenditori. Non è lo Stato, o la politica, a creare i posti di lavoro. Quando va bene, la politica crea le opportunità. Ma se ogni volta che i nostri figli hanno qualche idea, li scoraggiamo e li mortifichiamo con frasi tipo: “L’importante è prendere il pezzo di carta, tanto è la raccomandazione quella che conta”. “Ho parlato col tale politico e mi ha detto che ti troveremo una sistemazione”. In tutto questo c’è qualcosa che non torna. Non possiamo avere la moglie ubriaca e la botte piena, dice l’antico e saggio proverbio.
Siamo imprenditori di noi stessi. Ognuno di noi, nel proprio piccolo, è un imprenditore, qualunque sia il suo ruolo nella società: padre, madre, figlio, nonno, professionista, dipendente, precario o disoccupato. Ciascuno è titolare dell’impresa di se stesso e, come tale, unico attore del proprio destino, che non può ridursi a spettatore al teatro della propria esistenza.
Non pensiamo a cosa debbano fare gli altri, ma a cosa possiamo fare noi. In altre parole, bisogna passare dal paradigma della dipendenza legata al Tu o al voi (Tu ti prendi cura di me. Tu non hai agito. Tu sei l’artefice dei miei risultati.), al paradigma dell’indipendenza e della responsabilità legata all’Io (Io posso scegliere. Io posso farlo. Io sono responsabile dei miei risultati e padrone di me stesso).
Il nostro territorio di per sé offre tante opportunità: dall’artigianato del legno, del ferro forgiato a quello della maiolica, ai prodotti tipici che tutto il mondo ci invidia. Le aziende, le associazioni e anche i giovani dovrebbero sviluppare una mentalità più imprenditoriale, altrimenti non potranno cogliere e sfruttare nessuna delle opportunità (cavalli bianchi) messe in campo dal pubblico e dal privato.
La Formazione crea la cultura imprenditoriale per il territorio. La sfida del “valore aggiunto” sul singolo prodotto e/o servizio si affronta in un territorio che offre un insieme di persone di qualità. Solo un sistema territoriale che dispone di competenze elevate, aggiornate e mutevoli nel tempo, è in grado di attrarre nuove opportunità imprenditoriali. Un gruppo di aziende che ritiene la formazione un investimento, innesca una delle leve cruciali per crescere in redditività e in occasioni di lavoro, genera delle ricadute su tutto il circondario in cui opera, portando imitazione e gemmazione. Un circolo virtuoso contagiante che alza il livello dell’intero territorio.
Capita che la politica, quella buona, a qualsiasi area appartenga, rimanga incredula di fronte a tanti scempi di opportunità non raccolte. Per alcuni politici, ahimè pochi, è addirittura frustrante vedere il loro impegno cadere nel vuoto. Ma la domanda che la politica dovrebbe porsi è: Se in unitamente al creare opportunità (pesce) per i loro elettori, s’insegnasse loro a pescare (formazione), forse la qualità della vita migliorerebbe e faremmo tutti più attenzione a non lasciarci scappare i nostri “cavalli bianchi”.
Giovanni Matera
Per consultare altri miei articoli:
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