Il Diritto all’Errore
“Non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo.” (Talmud)
Quando decidiamo, elaboriamo come un computer, abbiamo una quantità infinita di informazioni presenti e passate depositate nel nostro cervello e in base a quelle informazioni prendiamo le nostre decisioni. Quindi va da sé che quando prendiamo una decisione, attingiamo solo e solamente al nostro “programma mentale” e non ci fa valutare tutta una serie di variabili che ci aprirebbero gli occhi su scenari futuri per noi impensabili vivendo in un campo ristretto di opportunità.
Il nostro cervello riceve segnali (tutto ciò che vediamo e percepiamo), li elabora secondo il nostro programma mentale (organizzandoli per mezzo di regole di cui non siamo coscienti) e li proietta nella realtà.
Lì fuori non c’è niente, anzi lì fuori c’è una realtà che però è tutta nostra.
Cercherò di spiegarla meglio con questa storia – tratta dal mio libro La Cassetta degli Attrezzi – che può essere applicata in qualunque ambito.
Un giorno, il titolare di una fabbrica di scarpe inviò un suo venditore in un’isola sperduta nei tropici, per verificare se in quel luogo fosse possibile piazzare il suo prodotto. Al ritorno, il rappresentante, deluso, riferì al suo principale che in quell’isola non si poteva combinare alcun affare, poiché nessuno degli abitanti portava scarpe.
Qualche tempo dopo il titolare mandò, nella stessa isola, un altro venditore più di temperamento, entusiasta e costruttivo. Al ritorno quest’ultimo, raggiante di felicità, comunicò al suo principale: “Che fortuna, lì erano tutti scalzi, così ho potuto vendere scarpe a tutta l’isola!”
Se osserviamo bene entrambi i venditori, potrebbero avere ragione. La mente ha il compito di filtrare i segnali ricevuti e di elaborarli secondo i nostri modelli mentali. Sicché i due venditori su quell’isola hanno visto due realtà diverse. Questo perché la nostra mente si concentra maggiormente su fenomeni che ci “autoingannano”:
Concentrazione su quello che vedo cercando di farlo combaciare con quello che penso.
Concentrato sui ricordi che confermeranno il mio modello di pensiero.
Falsi ricordi: recuperare frammenti di memorie e ricompattarli in modo errato.
Correttore automatico di un’informazione, se pur incompleta, basterà un piccolo dettaglio di esperienza per far credere che ciò che pensi sia vero.
Auto giustificazioni. Senza esserne pienamente coscienti inventiamo storie molto credibili per il nostro cervello. Ogni pensiero e ogni decisione sono in realtà solo il risultato finale di un’elaborazione avvenuta nei 7 secondi precedenti. L’elaborazione che precede ogni scelta avviene a livello inconscio (ovvero non siamo consapevoli di questa elaborazione, vediamo solo il risultato finale).
Perché alcuni riescono e altri falliscono?
Perché siamo bloccati dal nostro programma mentale, dall’intraprendere una nuova strada nella vita, e questo solo ed esclusivamente perché abbiamo paura: paura di sbagliare, di non farcela, di non essere all’altezza. Eppure l’antidoto a tale paura c’è e si chiama: Il diritto all’errore.
Questo può avvenire per ogni esperienza che viviamo e sarà proprio l’associazione “piacere-dolore” a determinare in modo invisibile i nostri pensieri, che stabiliscono le nostre azioni e i nostri risultati; quindi la qualità della nostra vita dipende dal tipo di associazione che il nostro programma mentale andrà a fare.
Si può vivere in due modi: uno basato sulla paura, l’altro sull’amore.
Viviamo nella paura quando non esprimiamo noi stessi, quando non rifugiamo dai consigli sensati, quando ci adattiamo a ciò che i programmi sociali, culturali e di ogni altro tipo consiglierebbero come la scelta giusta, quando viviamo intorno a ciò che gli altri si aspetterebbero.
Viviamo nell’amore ogni volta in cui ci concediamo la libertà di essere totalmente, profondamente, incondizionatamente ciò che potremmo essere e sperimentiamo qualsiasi situazione potremmo sperimentare. Quando decidiamo, a costo di rimettere tutto in discussione, di rivelare la nostra più profonda essenza e di far emergere tutto il nostro potenziale.
Nella crescita personale, riconoscere a se stessi il diritto all’errore è un passaggio fondamentale, e spesso sofferto. Impariamo moltissimo dai nostri errori e accettare di sbagliare è l’unico mezzo che abbiamo per provare, testare, sperimentare. Sbagliare induce al cambiamento e porta miglioramento.
In ambito professionale, lavorativo aziendale, il diritto all’errore è spesso ciò che porta allo sviluppo di nuove idee, ottimizzazioni di progetti e nuovi prodotti (gli stickers nascono per aver sbagliato la miscela della colla). I problemi più gravi in azienda, si presentano quando l’errore viene colpevolizzato e non riconosciuto invece come opportunità.
Se neghiamo il diritto all’errore, il nostro collaboratore che ha sbagliato, in futuro non ci proverà nemmeno a fare qualcosa di diverso, mortificando così la sua creatività.
Cosa, ancora più importante è nell’ambito scolastico. I danni che può fare la famiglia sono tanti, ma la scuola può aggravarli o tamponarli e perfino correggerli. Non serve, dunque una scuola in cui l’errore è negato e non poter esprimere il proprio pensiero altrimenti si è “fuori traccia”.
Il trauma infantile del non diritto all’errore si ripercuoterà su tutta la vita adulta e, soprattutto, si potrebbe innescare nella mente un pensiero deleterio: “Se faccio quello che mi viene detto “senza replicare” farò carriera”.
Pertanto, serve una scuola che porti a riconoscere l’errore gestendolo come strumento di miglioramento. Ciò potrebbe contribuire a migliorare il nostro programma mentale già dalla più piccola età.
Giovanni Matera
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