Conosco delle barche che restano nel porto
Ci sono anime che restano nel porto.
Barche silenziose, ormeggiate alla sicurezza delle proprie certezze, che guardano l’orizzonte senza mai decidere di partire. Barche belle, lucide, costruite con materiali resistenti… ma ferme. Non per mancanza di vento, ma per eccesso di paura. Non per impossibilità di viaggio, ma per timore delle onde.
(Jacques Brel)
Conosco delle barche che restano nel porto perché temono che le correnti siano troppo forti, che la rotta non sia quella giusta, che la tempesta possa capovolgerle. Preferiscono l’attesa al rischio, la prevedibilità alla scoperta, la quiete alla possibilità di naufragare.
Ma nel loro silenzio, tra legni che non scricchiolano e vele mai aperte, cresce una ruggine lenta e sottile. La ruggine dell’immobilità, del “forse un giorno”, del “non è il momento giusto”. È la stessa ruggine che corrode i sogni lasciati nel cassetto, i progetti che non abbiamo avuto il coraggio di cominciare, le parole che non abbiamo detto e le scelte che non abbiamo fatto.
Conosco delle barche che si dimenticano di partire. A furia di rimandare, dimenticano la bellezza del viaggio. Invecchiano nel porto, guardando il mare con occhi stanchi, chiedendosi come sarebbe stato vivere davvero. Non hanno mai conosciuto l’ebbrezza del vento in faccia, né la paura che precede ogni grande conquista. Il loro viaggio finisce prima ancora di iniziare.
E poi, ci sono barche incatenate. Talmente legate alle proprie abitudini, ai “si è sempre fatto così”, ai ruoli imposti da altri, che hanno disimparato come liberarsi. Hanno dimenticato di poter decidere, scegliere, cambiare direzione. Non sanno più che possono salpare, perché nessuno gliel’ha mai insegnato o forse perché nessuno le ha mai incoraggiate davvero.
Conosco delle barche che ondeggiano per essere sicure di non capovolgersi. Restano nel porto, si muovono appena, cercano l’equilibrio perfetto, ma intanto il tempo passa e le giornate si assomigliano tutte. Hanno rinunciato al grande viaggio in nome della sicurezza. Eppure, ogni navigatore lo sa: la vera sicurezza non sta nel non partire, ma nel diventare capaci di affrontare le onde.
Ma conosco anche altre barche.
Barche che scelgono di uscire dal porto, anche quando il mare è incerto. Non sempre lo fanno da sole: spesso vanno in gruppo, si fanno coraggio a vicenda, si ispirano, si aiutano. Insieme affrontano il vento forte, oltre la paura, perché sanno che la forza del gruppo può cambiare tutto.
Conosco barche che si graffiano un po’ sulle rotte dell’oceano. Non sono perfette, ma sono vere. Seguono il gioco del mare, si lasciano trasportare dalla corrente e imparano a danzare tra le onde. Ogni graffio è una storia, ogni cicatrice una lezione, ogni errore un passo verso la maestria.
Ci sono poi barche che non hanno mai smesso di uscire, giorno dopo giorno. Che vivono con il cuore spalancato e la vela pronta. Che sanno che ogni nuova partenza porta con sé una possibilità di crescita. Sono le stesse barche che non temono di lanciarsi fianco a fianco, rischiando anche di affondare, pur di non tradire la propria natura.
Conosco barche che tornano al porto lacerate, ma piene di vita. Sono barche forti, coraggiose, autentiche. Hanno affrontato le burrasche e ne sono uscite trasformate. Non sono le più belle, forse, ma sono quelle che hanno davvero vissuto.
Alcune sono straboccanti di sole, perché hanno condiviso viaggi, sogni, amore, avventure. Perché hanno scelto di non trattenere nulla, di vivere pienamente, di donare e ricevere, di aprirsi al mondo.
Conosco barche che tornano sempre, perché ogni viaggio le arricchisce. Non smettono mai di cercare, imparare, evolvere. Sono quelle che fino all’ultimo giorno sono pronte a spiegare le loro vele, con il cuore a misura d’oceano.
E tu, che tipo di barca sei?
Sei ancorato in porto, in attesa che le condizioni siano perfette?
Hai paura di salpare per non rischiare di perdere qualcosa che conosci, anche se ti rende infelice?
O sei tra quelle barche che, pur temendo la tempesta, decidono ogni giorno di uscire lo stesso, perché sanno che la vita è là fuori, tra le onde?
Questo non è solo un testo. È una chiamata al viaggio.
Un invito a muoverti, cambiare, decidere, vivere.
Perché la vita vera – quella piena, profonda, trasformativa – non accade nel porto. Accade in mare aperto, tra i venti della sfida e il sole della passione.
A te la scelta.
Puoi restare al sicuro… oppure puoi spiegare le vele
Giovanni Matera
Per consultare altri miei articoli:
www.giovannimatera.it