Causatività

Negli ultimi due articoli della nostra rubrica abbiamo parlato di “Idee” e “Responsabilità”. Bene. Adesso proveremo a entrare nel “Deposito delle Idee”.

Da oltre duemila anni la filosofia orientale, con le sue teorie sulla “Causa ed Effetto”, attribuisce unicamente all’individuo la responsabilità di quanto accade nella sua vita. Anche il pensiero occidentale, con Aristotele in testa, converge su un assunto di quest’ultimo che afferma: “E’ ridicolo assegnare la colpa delle nostre azioni sbagliate a cause esterne”.

Nella quotidianità però accade spesso che, questa sostanziale differenza, questa fondamentale distinzione tra causa ed effetto, non sia considerata o addirittura interpretata al contrario.

Facciamo un esempio. Poniamo il caso che, leggendo questo mio articolo, non riusciate a comprenderlo a fondo. Da cosa può dipendere? Da me, che non sono chiaro e comprensibile – e se fosse così, ne sarei direttamente la causa – o dalla vostra momentanea indisponibilità all’apprendimento? In tal caso la causa sareste voi. Ma né io né voi saremmo disposti a considerarci responsabili della mancata comprensione (effetto) del presente articolo.

Mettiamo che dipenda da me e voi cercaste di farmelo notare. Io, comunque, non sarei in grado di recepire il vostro punto di vista, né i vostri eventuali suggerimenti e resterei fermo nella mia convinzione che invece dipenda da voi, questa nostra non riuscita comunicazione. Insomma, quando qualcosa non va, non è mai colpa nostra. Ciò è determinato dal nostro comune abito mentale che sceglie di non considerarsi quasi mai causa di un qualcosa; ne consegue, però, che il nostro “meccanismo” di ricerca e di assorbimento della conoscenza non entra mai in funzione e, quindi, difficilmente riusciamo a farci capire o a influenzare delle situazioni.

Interiorizzare l’assunto di causatività è, per ciascuno di noi, di basilare importanza nei rapporti con l’umano e il mondo. A tal proposito, uno spunto più calzante ce la offre la seguente *case history.

In una scuola americana, alcuni ricercatori hanno sottoposto degli alunni a uno strano test sul quoziente d’intelligenza. In pratica hanno fatto compilare ai ragazzi dei questionari senza senso, poi li hanno cestinati e hanno estratto a sorte tre nominativi. A questo punto li hanno consegnati ai professori e, poiché i tre studenti in questione erano risultati i più bravi della classe, gli scienziati hanno lamentato l’evidente discrepanza tra il loro Q. I. e l’effettivo rendimento scolastico.

Di quei tre ragazzi, in realtà, due non erano per nulla interessati allo studio; il terzo, invece, era uno scolaro nella media.

Alla fine dell’anno – durante il quale gli insegnanti sono stati tenuti sotto osservazione dai ricercatori, affinché svolgessero la propria funzione in maniera oggettiva e imparziale – quei tre alunni si sono piazzati tra i primi cinque della classe.

Secondo voi, sono cambiati gli alunni o gli insegnanti?

Immagino che avrete pensato agli insegnanti. Esatto! Essi hanno cambiato il loro atteggiamento nei confronti delle scarse prestazioni di quei tre studenti che prima erano distratti, svogliati, impreparati e, ingiustamente, ritenuti causa del loro stesso “male”. Ora, invece, quei professori hanno capito che i modesti risultati di quegli alunni non erano altro che l’effetto generato dal loro modo d’insegnare. In altre parole, i docenti hanno acquisito il concetto di causatività grazie al quale oggi, di fronte a scolari apparentemente meno dotati, pensano: “Se lui è intelligente, ma il profitto è basso, allora dipende dalla mia capacità didattica; quindi, devo cambiare qualcosa nel mio metodo d’insegnamento”. E questo nuovo approccio, cosiddetto causativo, ha reso loro più abili come pedagoghi e, di conseguenza, innalzato il livello di profitto dell’intera classe.

 

Per concludere, a proposito di questo mio scritto, vorrei rassicurare quanti dovessero incontrare difficoltà nel comprenderne il contenuto. Nessun timore. Non dipende certo da Voi, è solo un normale effetto la cui causa deriva esclusivamente dal sottoscritto.

*Case history: Caso esemplare, usato per formazione e dimostrazione, da cui si può trarre insegnamento.

Giovanni Matera

Per consultare altri miei articoli:

www.giovannimatera.it