Surico Giuseppe – “I racconti intorno al Braciere”: memoria, poesia e verità popolare

“La nostra merenda”. Una fetta di pane, la nostra merenda sul tardo vespro, dei primi giorni di luglio stanchi, affamati e sudati dai giochi di strada. Un po’ di pausa, sì rientrava nelle case “mamma, mamma ho fame”, “lavati le mani e rinfrescati il viso!” Tu, tutta presa, col coltello tagliavi una fetta di pane tutta perfetta, due centimetri esatti; prendevi un pomodoro dalla cesta, un morso in testa e spalmavi i semi ed il succo sul pane ripetendo il gesto fino a quando il pane era pieno. Seduto, (era tassativo) lo mangiavo e poi via di corsa a giocare. “Surico Giuseppe”

Nel silenzio caldo di un braciere acceso, c’è un mondo che si risveglia. Un mondo fatto di parole semplici e vere, di ricordi vissuti sulla pelle, di odori di pane caldo, di terra, di sudore e dignità.

Questo è il mondo di Surico Giuseppe, scrittore per caso – come ama definirsi – ma narratore autentico per vocazione. Nato a Laterza il 14 marzo 1953, Giuseppe ha dato voce a una generazione che rischiava di restare senza voce. E lo ha fatto con una penna gentile ma decisa, cominciando nel 2012 da una semplice pagina Facebook che oggi è diventata un punto di riferimento per tanti italiani, anche emigrati, che grazie a lui ritrovano la strada dei ricordi.

Un viaggio nel tempo… per capire il presente. Chi legge “I racconti del braciere” o “Terre violate” non si limita a sfogliare pagine. Fa un tuffo profondo nella memoria contadina del nostro Sud, tra le rughe di chi ha vissuto con poco, ma con fierezza. I racconti di Giuseppe non sono esercizi stilistici, ma testimonianze vere, carnali. Sono vite che si intrecciano in una narrazione intensa e struggente, dove l’infanzia si veste di povertà e meraviglia, e il mondo rurale diventa lo specchio di un’umanità oggi dimenticata.

Attraverso le sue storie, l’autore mette in luce una verità che troppo spesso abbiamo accantonato: se oggi molti di noi possono godere di comodità e libertà, lo dobbiamo anche a quei nonni che hanno dormito su materassi di paglia, che dividevano la stalla col mulo, che si alzavano prima dell’alba per lavorare la terra.

Scrittore per caso, custode per scelta. La scrittura di Giuseppe nasce dal cuore, dalla necessità di non perdere ciò che il tempo e la modernità tendono a seppellire. Nei suoi volumi – da “Come donare crea emozione” a “Storie di vita vissuta”, da “La leggenda del Lupo Mannaro” a “Erom” (romanzo a puntate in tre volumi) – l’autore trasforma la narrazione in un atto d’amore verso le proprie radici. Non c’è pretesa letteraria, ma c’è tutta la potenza di chi scrive per ricordare, per tramandare, per dare dignità alla memoria collettiva.

E lo fa anche attraverso la poesia, che diventa un linguaggio di resistenza emotiva, capace di restituire voce e colore a donne dimenticate, a vite spezzate, a sogni interrotti. Nei suoi versi, troviamo un universo femminile spesso oppresso, ma mai domato. Le “terre violate” non sono solo luoghi fisici, ma anche corpi e anime ferite. E Giuseppe le racconta con una delicatezza che accarezza e scuote.

Il cibo come memoria affettiva. Un aspetto sorprendente della produzione di Surico Giuseppe è l’attenzione ai sapori e ai profumi del passato. Non si limita a narrare storie, ma ci conduce anche nei vicoli delle cucine contadine, dove il cibo era essenziale ma carico di significato. Piatti come la carne al fornello, il pane cotto nel forno a legna, la callaredda o la cialledda non sono solo ricette, ma simboli identitari, sapori che raccontano lotte quotidiane e piccoli momenti di festa.

Giuseppe descrive tutto con dovizia di particolari, quasi volesse restituire al lettore non solo la storia, ma anche la possibilità concreta di riviverla… magari proprio cucinando uno di quei piatti oggi. Perché la memoria non è solo lettura: è esperienza viva, è prendersi cura di un’eredità.

Seguito e amato anche oltre confine. È impossibile parlare di Giuseppe senza citare il suo straordinario seguito su Facebook, soprattutto da parte dei nostri connazionali emigrati all’estero. Le sue parole diventano per loro un ponte tra passato e presente, tra terre lasciate e radici mai spezzate. I racconti di Giuseppe non fanno solo compagnia: leniscono la nostalgia, rafforzano l’identità, e ci ricordano che siamo figli di una storia nobile, anche se povera.

Grazie Giuseppe. In un’epoca in cui tutto scorre veloce, in cui la memoria si fa liquida e i social sono spesso solo vetrine di apparenza, la voce di Surico Giuseppe è una benedizione. È il richiamo di una verità che ci abita ancora, anche se non sempre ce ne ricordiamo. È un invito a fermarsi, ad ascoltare, a riscoprire le proprie radici non come peso, ma come risorsa.

Grazie Giuseppe, per ogni parola che ci doni, per ogni frammento di vita che ci affidi, per ogni pagina che ci aiuta a ritrovare chi siamo.

Chi vuole crescere dal punto di vista umano e professionale non può ignorare la potenza della memoria. E tu, con la tua scrittura spontanea ma profondamente consapevole, ci hai insegnato che ricordare è un atto rivoluzionario.

Se anche tu vuoi immergerti nei racconti di Surico Giuseppe, cerca la sua pagina Facebook o leggi uno dei suoi libri: troverai verità, poesia e tanta, tantissima umanità. ❤️

Giovanni Matera

Per consultare altri miei articoli:

www.giovannimatera.it

 

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