La parola “chiave” è: sostituzione
“Mauro vuole perorare una causa rivolgendosi al presidente del Consiglio e chiede aiuto al suo smartphone per redigerla. Non fa in tempo a inviare la sua richiesta e compare sul video: una lettera argomentata, informata, pertinente, in buon italiano, che realizza la sua intenzione con una ricchezza di dati e una proprietà di linguaggio che un assistente o un consulente non sarebbe mai riuscito a formulare, neanche dopo un’ampia ricerca”.
(Marcello Veneziani).
Stiamo parlando di Intelligenza Artificiale. “ChatGpt”, l’app prodigiosa che riesce a sostituire la ricerca, la cultura, la comunicazione, lo sforzo intellettuale, perfino lo stile, e invade pure il tempo libero. E sul piano sociale rende superfluo non il lavoro degli schiavi, come si pensava, da Aristotele a Marx, fino a ieri, ma il lavoro intellettuale.
Si potranno mai giudicare studi, tesi di laurea e ricerche se possono essere compilate con una semplice domanda al tecno-cervello artificiale, in modo immediato ed esauriente?
Una ritirata continua della nostra intelligenza, un’abdicazione progressiva, un accrescersi esponenziale di poteri magico-tecnologici cui corrisponde un decrescere rapidissimo di facoltà umano-intellettuali. La tecnica avanza, l’umano arretra. L’intelligenza si atrofizza: basta la padronanza digitale. Al lessico dei contenuti ci penserà l’algoritmo.
La parola “chiave” di tutto questo è: sostituzione.
È la parola chiave della nostra epoca. Non solo sostituzione etnica relativa ai popoli, non solo maternità surrogata per la natività, non solo sostituzione dei sessi nel nome della fluidità e di come “io mi percepisco”, non solo sostituzione della natura con i prodotti della tecnologia, non solo sostituzione dei cibi naturali con prodotti geneticamente modificati, non solo sostituzione del mondo reale con il mondo artificiale e virtuale. Ma sostituzione dell’umano, a tutti i livelli.
La prima minaccia globale alla nostra vita sulla terra non è tanto il clima, l’inquinamento planetario, le guerre e le armi nucleari, ma la sostituzione.
Quando toccheremo il punto di non ritorno, ovvero quando non saremo più noi a decidere, a guidare, a fare, quando non potremo più impedire, vietare, fermarci, tornare indietro? Non lo sappiamo, ma quel momento è vicino e quando succederà, non ne saremo più consapevoli.
Bisogna fermare l’Intelligenza Artificiale. Fermare non vuol dire vietare, negare, impedire l’uso. Solo un idiota può pensare una cosa del genere e precludersi i vantaggi, le conquiste, i benefici molteplici delle applicazioni tecniche in molti aspetti della nostra vita. Il problema è regolarla, distinguere gli ambiti e i limiti del suo uso in modo che non diventi abuso, che resti nella sfera dei mezzi, e non intacchi la sfera degli scopi, vanificando i fini, il senso, il destino della vita.
L’intelligenza critica è il vero filtro per distinguere gli influssi benefici da quelli malefici.
La rapida espansione dell’Intelligenza Artificiale coincide, infatti, con il declino altrettanto rapido dell’intelligenza umana, delle sue connessioni vitali e mentali, con la storia, con la tradizione, con il linguaggio, con la capacità di progettare il futuro e governare i cambiamenti. La regressione del pensiero, oltre che della religione, il declino dell’arte e l’atrofizzazione progressiva delle facoltà naturali, socievoli e intellettuali.
Si realizza appieno quel “dislivello prometeico” di cui diceva Gunther Anders nell’Uomo, è antiquato: cresce la tecnica e decresce la cultura, cresce l’artificiale e arretra il naturale, cresce il robot e declina l’uomo. S’ingigantisce la forbice tra tecnica e sapere, il mondo artificiale si espande mentre si contrae la nostra capacità di conoscerlo, di capirlo e di governare gli effetti. E se “l’uomo è antiquato”, procediamo a sostituirlo.
Insomma non è l’Intelligenza Artificiale in sé che spaventa, ma la paralisi progressiva dell’intelligenza, l’incapacità di padroneggiare le cause e gli effetti, il delirio di onnipotenza tecnologica unito all’idiozia meccanicista, che sono complici entusiasti di un potere assoluto e potenzialmente totalitario, senza freni.
Più profonda è la sostituzione del mondo reale, il mondo delle cose e della vita pensante, del cuore e della mente, con il mondo artificiale, più la sostituzione dell’umano sarà inevitabile. Ma il peggio è che non ci badiamo, non ci pensiamo. Avviene, non possiamo sottrarci.
Tutto appare così ineluttabile, automatico. La perdita della libertà è assoluta quando si vive la vita da automi.
Giovanni Matera
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