La “fuga di cervelli” dall’Italia

“L’Italia non è accogliente in generale per i giovani e non è accogliente per i ricercatori. Se non ci sono posti per fare ricerca, è chiaro che i giovani vanno all’estero. Dovremmo dunque puntare a far diventare l’Italia accogliente, per esempio, con impieghi a tempo indeterminato in numero congruo, perché non si può innaffiare un campo soltanto una volta al mese.” Giorgio Parisi, premio Nobel.

 La “fuga di cervelli” dall’Italia è un fenomeno che riguarda giovani laureati che, preoccupati per il precariato, decidono di andare a lavorare all’estero. Questo fenomeno è aumentato del +41,8% negli ultimi otto anni. I ricercatori sono i maggiori protagonisti dell’emigrazione.

A causa delle difficoltà nell’ottenere un contratto a tempo indeterminato e la diffusione del lavoro precario, molti decidono di espatriare.

Tra le principali destinazioni dei giovani italiani emigrati nel 2019, ci sono il Regno Unito (circa 21 mila), seguito da Germania (18 mila), Francia (circa 14 mila), Svizzera (quasi 10 mila) e Spagna (7 mila).

La “fuga di cervelli” ha diverse conseguenze, sia a livello individuale sia a livello nazionale:

Impoverimento del territorio. L’emigrazione dei cervelli italiani verso l’estero impoverisce il territorio e frena la nascita di nuove aziende. Quando cresce dell’1% il tasso di emigrazione, il numero delle imprese cala del 5%.

Perdita di capitale umano. La fuga di cervelli può compromettere le prospettive di crescita economica dell’Italia e anche le sue finanze pubbliche, in quanto causa una perdita netta permanente di capitale umano altamente qualificato.

Costo economico. Oltre a minarne le prospettive di crescita, la fuga dei cervelli comporta un costo economico notevole all’Italia, tanto per la spesa pubblica sostenuta per l’istruzione di studenti, che poi si trasferiscono all’estero, quanto per il mancato versamento delle imposte che questi ultimi avrebbero pagato lavorando nel nostro Paese. La cifra in perdita ammonta a oltre un miliardo di euro l’anno.

Competitività. La fuga dei cervelli può danneggiare la competitività dell’Italia.

Uno scarso investimento nell’educazione porta anche a un ridotto numero di laureati. Infatti, con 26,9% di laureati, l’Italia è molto al di sotto della media europea del 39,9%3.

Queste sono solo alcune delle conseguenze della fuga dei cervelli. È un problema complesso che richiede soluzioni a più livelli.

Poi, sì, ci sono anche alcuni aspetti positivi nella fuga di cervelli:

Circolazione della conoscenza. La mobilità dei ricercatori può portare alla circolazione della conoscenza e aprire nuove possibilità di contatto. Questo può essere particolarmente utile per la cooperazione internazionale e gli scambi di idee, che sono essenziali per il progresso della scienza.

Esperienza internazionale. I ricercatori che vanno all’estero possono acquisire una preziosa esperienza internazionale, arricchire il proprio curriculum e sviluppare le proprie carriere.

Reti globali. I ricercatori che lavorano all’estero possono creare reti globali in grado di beneficiare sia il paese ospitante che quello di origine.

Ritorno del capitale umano. In alcuni casi, i ricercatori possono scegliere di tornare nel loro paese di origine dopo aver acquisito competenze ed esperienze all’estero, portando con sé nuove idee e approcci.

Influenza positiva sul paese ospitante. I ricercatori che emigrano possono avere un impatto positivo sul paese ospitante, contribuendo alla sua economia e alla sua base di conoscenze.

Tuttavia, è importante notare che mentre ci sono alcuni aspetti positivi, la fuga di cervelli può anche avere conseguenze negative rilevanti per il paese di origine, come discusso in precedenza.

Ci sono diverse strategie che possono essere adottate per scongiurare la fuga di cervelli dall’Italia:

 Defiscalizzazione differenziata. Creare un sistema di defiscalizzazione differenziata in base alla qualità delle posizioni e dei profili professionali, oltre che alle esigenze espresse dalle imprese.

Valorizzazione dei giovani laureati. Favorire la messa a regime di un sistema di valorizzazione reale per l’entry level dei giovani laureati.

Semplificazione normativa. Creare visti d’ingresso specifici (modello USA) e velocizzare le procedure burocratiche per favorire la circolazione di capitale umano altamente qualificato in università e imprese.

Coinvolgimento delle aziende-università. Garantire un coinvolgimento più continuativo e strategico del fronte aziende-università/business school lungo tutta la filiera formazione-lavoro che tenga conto dei reali fabbisogni di professionalità del mercato.

Agevolazioni fiscali. Il Ministero dell’Università e della Ricerca propone esonero contributivo, attenzione al welfare del personale universitario, aumento degli stipendi.

Estensione delle agevolazioni fiscali. Estendere le agevolazioni fiscali del rientro dei cervelli italiani a tutti i talenti stranieri, un sistema di permessi di soggiorno e un accesso alla naturalizzazione facilitati per cervelli e innovatori.

Aumento dei finanziamenti alle Università. Secondo il premio Nobel Giorgio Parisi, per scongiurare la fuga dei cervelli dall’Italia serve soprattutto aumentare i finanziamenti alle Università.

Queste sono solo alcune delle possibili soluzioni. Tuttavia, è importante notare che la questione è complessa e richiede un approccio multilaterale.

Giovanni Matera

Per consultare altri miei articoli:

www.giovannimatera.it