La conoscenza implicita

 “Oggi un’azienda che non si dota di conoscenza è come un’azienda che non si approvvigiona di materie prime”.

 Nei precedenti articoli abbiamo capito che in questo nuovo mercato, il prodotto, la tecnologia e una buona struttura aziendale sono solo il biglietto d’ingresso, ma quello che può davvero fare la differenza è la conoscenza.

Dai vari seminari ai quali ho partecipato, ho appreso che vi sono due tipi di conoscenza. Quella “esplicita” e quella “implicita”.

La conoscenza esplicita è qualcosa che può essere trasferita mediante le forme classiche della comunicazione, verbali o scritte, da soggetto a soggetto. Si tratta di quello che apprendiamo a scuola, sui libri, dai giornali, dalle tv ecc. La conoscenza implicita invece, o “conoscenza silenziosa”, è basata soltanto sul puro empirismo; ossia sui sensi e sull’esperienza personale che si acquista con il tempo ed è cosa difficilmente trasmissibile.

Oggi il valore commerciale della conoscenza esplicita è in notevole ribasso, poiché fruibile ormai da parte di tutti, in tutto il mondo. Le “quotazioni” delle lauree, infatti, sono in continua caduta libera dacché i loro possessori hanno pressappoco la medesima formazione. Da ciò deriva, quindi, la scarsa possibilità di rendersi unici sul mercato. E’ sempre più difficile creare un vantaggio competitivo sulla base della conoscenza esplicita nei nostri tempi. Tutti sanno le stesse cose e ragionano allo stesso modo.

Allora, come ne usciamo? Magari facendo appello all’esperienza implicita. A tale proposito mi piace ricordare una storiella.

Un anziano pescatore, che per tutta la vita non aveva fatto altro che pescare pesce, chiese al figlio, ventenne universitario, se volesse andare a pesca con lui. Il ragazzo, tutto contento, gli rispose di sì. Salirono quindi a bordo della loro piccola imbarcazione e presero il largo. Arrivati in mare aperto, a un certo punto, il padre ordinò al figlio di fermare la barca. Il ragazzo, incuriosito, chiese perché dovessero fermarsi proprio in quel punto. “Perché il pesce è qui”, rispose con naturale sicurezza l’attempato genitore. “Ma cosa dici?” ribatté il giovane studente “Per la teoria del caos e per tutto quello che ho studiato, il pesce potrebbe essere qui o là, come in qualsiasi altro punto”.

L’uomo guardò suo figlio e, semplicemente, sorrise, mentre cominciava a pescare. Dopo qualche ora i due tornarono a casa con un bel po’ di pescato.

Ora, è del tutto evidente che, se avessero seguito la teoria del figlio, non avrebbero preso tutto quel pesce.

La morale della favola ci lascia intendere che il saggio pescatore sapeva leggere il mare, il sole, il vento e altre mille cose allo stesso tempo; e se solo una di queste cose cambiasse, lui saprebbe che il pesce non sarebbe più in quel punto. Ma non aveva fatto alcuno studio su tutto questo, non poteva scrivere un trattato o tenere una conferenza sui movimenti dei pesci, però sapeva che il giorno dopo, e quelli a venire, li avrebbe sempre trovati, perché lui aveva dalla sua una conoscenza implicita acquisita in tanti anni di esperienza in mare, che però non avrebbe saputo spiegare. Al contrario del figlio che era pieno di assunti teorici e di una conoscenza esplicita da esibire.

Gli esseri umani sanno molto più di quello che riescono a comunicare. Per questa ragione esistono le arti: la musica, la poesia, la pittura ecc., cioè forme di comunicazione senza le quali l’uomo non sarebbe in grado di esternare a fondo i propri sentimenti, la propria sensibilità, oltre che i propri talenti.

Di tendenza opposta a quella esplicita, la conoscenza implicita oggigiorno va, via e più, acquisendo valore commerciale, poiché non può essere né copiata né replicata. E’ unica. Ed è proprio quell’unicità che può fare la differenza sul mercato.

In altre parole, forse sarebbe il caso che l’imprenditoria tornasse a bottega, come si faceva una volta, per stare a stretto contatto e per diversi anni con il maestro che, a poco a poco, ci trasferiva quella grande dote empirica chiamata conoscenza silenziosa, o implicita, di cui oggi se ne avverte tanto il bisogno.

Giovanni Matera

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