… tanta schiuma e poco latte 

Una volta ci bastava non fare grandi errori, come imprese, che il lavoro ci cadeva addosso. Crescevamo non perché facessimo qualcosa di particolare, ma perché avevamo sempre più clienti. 

Poi è arrivato il 2008 e ci siamo accorti che davamo troppe cose per scontate; che non era vero che avremmo fatto sempre utili. Ci siamo accorti che il mondo era cambiato e che da lì in poi avrebbero vinto i più reattivi al cambiamento. 

L’economia, prima della crisi finanziaria iniziata nell’ottobre 2008, era come un gigantesco cappuccino con tantissima schiuma (= valore fittizio), ma con pochissimo latte (= valore reale). 

Il valore fittizio era composto dal credito facile, dalla supervalutazione in borsa di aziende decotte e da governi inefficienti o società intere che, vivendo al di sopra delle proprie possibilità, s’indebitavano sempre di più. 

Ottobre 2008 ha segnato in modo traumatico la fine della schiuma del cappuccino. A rendere ancor più problematica la situazione, è stato anche l’esiguo investimento che l’Italia ha fatto nell’ultimo decennio sulla ricerca e l’innovazione: soltanto l’1.1% del PIL, a fronte del 3% di altri paesi europei. 

Quella che oggi, di fatto, stiamo vivendo non è una semplice “crisi”, ma l’inizio di un nuovo e misterioso processo del quale non conosciamo né gli sviluppi né dove ci porterà. 

Il modo per uscirne, non del tutto indenni ma meno bruciacchiati, forse, sta in una nuova visione imprenditoriale riassumibile in queste parole: Reattività al cambiamento, Innovazione, Creazione di valore, Competitività. 

Ogni giorno penso alla preoccupante situazione in cui si è cacciata l’Italia, con l’intero occidente, e temo che i politici, contrariamente a quello che affermano, non abbiano affatto il controllo di questa benedetta situazione e che abbiano invece perso ogni capacità di vigilanza e d’imposizione sul potere economico. 

Il mondo è cambiando e ci sta presentando il conto dell’enorme quantità di schiuma che abbiamo prodotto, di tutto quel valore fittizio con il quale abbiamo vissuto e fintamente prosperato fino ad oggi. 

Tuttavia, credo, da ottimista ad oltranza quale sono, che anche in questo confuso e difficoltoso momento storico, si possano nascondere delle grandi opportunità. Certo non sarà facilissimo individuarle e coglierne qualcuna, se prima non impariamo a guardare anche i fatti brutali, che l’attuale situazione ci presenta, e provare ad avanzare dei suggerimenti per la loro risoluzione. 

  • Il nostro Paese dovrebbe cominciare seriamente a investire nella ricerca e nell’innovazione, al fine di recuperare la competitività persa negli ultimi anni.
  • Così dovrebbero fare anche le nostre aziende: avere più coraggio per uscire dallazona di confort.
  • WallStreet e la City di Londra hanno reso più poveri molti paesi e milioni di persone. I politici occidentali, italiani compresi, dovrebbero fare come Roosevelt, nel 1933, quando affrontò di petto le banche e le speculazioni, che avevano gettato l’America nella Grande Depressione e nella disoccupazione di massa, e impose loro la Glass-Steagall Act: la legge contro la speculazione finanziaria che proibiva anche l’emissione di titoli rischiosi. 
  • Oggi molte banche rifiutano l’imposizione di regole che garantirebbero stabilità all’economia e allo stesso mondo bancario.

Andrebbero separate le banche commerciali da quelle d’investimento. 

Si potrebbe anche richiedere, da subito, che chiunque volesse compiere delle operazioni  finanziarie, dovrebbe dimostrare di avere la capacità patrimoniale di sostenerle, depositandone una significativa parte in garanzia.  

  • Inoltre, sarebbe ora che i governi occidentali cominciassero a dissuadere le chiacchierate agenzie di rating a zittire e a non fare più danni di quanto ne hanno già procurato. Sono state proprio loro a montare tutto il grande cumulo di schiuma, per nascondere quel poco di latte che c’era nel fondo.

La speculazione va fermata mettendo in campo tutta l’autorità degli Stati.