Capacità negativa e incapacità addestrata
“L’incapacità addestrata si riferisce a quella condizione in cui le capacità professionali di una persona agiscono quali ostacoli o difficoltà. Le azioni basate sull’addestramento e l’abilità tecnica, che in passato avevano dato un risultato positivo, possono risultare in risposte inappropriate sotto mutate condizioni. La mancanza di una sufficiente duttilità nell’applicazione delle proprie tecniche sarà causa, in un ambiente mutato, di una incapacità di adattamento più o meno grave. Proprio la serietà e la validità di tale preparazione professionale può condurre all’adozione di provvedimenti erronei”.
(Robert K. Merton)
In altre parole, le burocrazie sono progettate sulla base dell’assunto che la realtà sia sempre uguale a sé stessa: stabile, immutabile, chiara. Ma siccome questo non è vero, ogni volta che la realtà muta e sorgono problemi inediti, le competenze professionali e tutto l’apparato di tecniche, abitudini, riferimenti, procedure e tutte le decisioni precedenti, da esperienza, finiscono col diventare un intralcio che, prima rallenta e poi blocca l’organizzazione.
“Il burocrate ha una vita ufficiale che gli è tracciata in termini di una carriera graduale, attraverso la promozione per anzianità, la pensione, gli scatti di stipendio, ecc… tutti provvedimenti che tendono a stimolare un’azione disciplinata e conforme ai regolamenti ufficiali. Ci si attende che il funzionario adatti i propri pensieri, i propri sentimenti e le proprie azioni alla prospettiva di questa carriera; e, in effetti, ciò accade nella maggioranza dei casi. Ma sono proprio questi provvedimenti che aumentano la probabilità di un’aderenza ai regolamenti e che conducono anche ad attribuire eccessiva importanza alla minuziosa osservanza degli stessi e ciò provoca incertezza, mentalità conservatrice, tecnicismo”.
Da qui nasce un’ulteriore aberrazione, e cioè che i burocrati si coalizzano tra loro: sia contro le gerarchie superiori, da cui si sentono minacciati, per l’incapacità sopraggiunta di conseguire i fini, sia contro il pubblico che dovrebbero servire. Inoltre i rapporti sociali informali che si sviluppano tipicamente in tale situazione spesso portano i burocrati a difendere i propri interessi costituiti piuttosto che ad assistere i propri clienti e superiori.
Se i burocrati reputano che il loro status non sia adeguatamente riconosciuto da un nuovo superiore di provenienza politica, gli rifiuteranno informazioni essenziali, in modo da indurlo in errori per i quali sarà ritenuto responsabile. In tutto questo, chi ci va di mezzo è naturalmente il cittadino, quell’utente finale per il quale l’intera organizzazione era stata pensata ed esiste.
Proteste e ricorsi rivolti ad altri funzionari da parte del cliente/cittadino sono spesso resi inefficaci o impediti da quello spirito di corpo, di cui abbiamo prima parlato, che unisce i funzionari in una solidarietà di gruppo più o meno grande. Per ovviare a tutto ciò, in certi casi, ai rapporti impersonali si sostituiscono rapporti personali: nasce il clientelismo. La corruzione.
Il burocrate resta imprigionato e per sopravvivere deve barcamenarsi tra due estremi opposti: da un lato la santificazione della mansione e dall’altro la corruzione. La sfera dei diritti dei cittadini diventa oggetto di “concessione”. Ne deriva naturalmente un tendenziale scollamento dell’amministrazione dalla gente e dalla realtà a servizio della quale era stata posta.
La “lunga serie d’atti d’intelligenza” è impedita alla radice. Lo Stato diventa un sistema chiuso, con tutte le conseguenze del caso. Non solo non crea valore, ma ne assorbe e distrugge, e può arrivare in certe condizioni, a creare mostri.
“E la degenerazione finale sono i direttori dei campi di concentramento nazisti che coltivano rose, allevano canarini e nel contempo degradavano e sterminavano milioni di persone, in modo economico ed efficiente, perché qualcuno aveva detto loro di farlo e loro erano dei bravi soldati”.
Ma anche senza arrivare a questi eccessi mostruosi dell’arte dell’obbedienza, declinare ogni responsabilità da parte dello Stato è cosa cui siamo mestamente abituati, soprattutto al Sud.
Chiudo quest’articolo, ricordando a tutti noi che la “Macchina dello Stato” ha degli ingranaggi. Noi stessi costituiamo parte degli ingranaggi di questa grande macchina.
E bene ricordare anche che per ogni azione non etica che commettiamo, un granello di sabbia penetra tra quegli ingranaggi bloccandoli.
Giovanni Matera
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