Il Manager Causativo

“Primo dato relativo alla leadership”

 Supponiamo di aver perso le chiavi dell’auto e di cercarle per tutta la casa. Che cosa facciamo? Rovistiamo in ogni cassetto, in ogni tasca, su ogni comodino, in alto e in basso; scateniamo una piccola rivoluzione per trovarle. Chiediamo a nostra moglie, ripensiamo a quello che abbiamo fatto prima e ripetiamo nervosamente le stesse azioni. In poche parole, ci trasformiamo in esperti e furiosi cercatori di chiavi. Ora, immaginiamo che le chiavi le abbiamo dimenticate in macchina e non in casa. Non importa, quindi, quanto a fondo noi le abbiamo cercate, quanto duramente ci siamo impegnati per recuperarle. Sta di fatto che non le avremmo mai trovate in casa, perché non erano lì.

Allo stesso modo, quando ci arrovelliamo il cervello per trovare le cause dei nostri problemi nelle altre persone. Non le troveremo mai, perché non sono dentro di loro ma dentro di noi.

E’ vero che esiste una percentuale di popolazione (che varia dal 3 all’8%) che agisce in modo parecchio negativo da poter condizionare anche la nostra vita, ma è anche vero che il restante 92/97% è formato da persone potenzialmente buone e positive. Le stesse percentuali le troviamo nella nostra famiglia, nella cerchia degli amici e anche nella nostra azienda, dove spesso abbiamo a lamentarci dello scarso rendimento dei nostri collaboratori, ed è in loro che pensiamo risiedano i nostri problemi, anziché in noi stessi. Ciò, molto spesso, dipende dal modo inadeguato con cui interagiamo con loro. Ma non lo capiremo fino a quando non inizieremo a immedesimarci nel problema e riconoscere di esserne la causa. Solo a quel punto smetteremo di pensare di essere infallibili e senza peccato, e cominceremo a fare autocritica e metterci in discussione. Soltanto allora potremo trovare delle vere risposte e dare le giuste soluzioni ai nostri problemi. Se, al contrario, continueremo a concentrarci sull’effetto (sulla resa insufficiente dei nostri collaboratori), otterremo lo stesso risultato di quando diventiamo cercatori di chiavi nel posto sbagliato, come nell’esempio sopra: agitati, collerici e stressati.

Pertanto, possiamo affermare che il manager causativo crea collaboratori causativi. Il manager-effetto crea collaboratori-effetto.

Mettiamo il caso che dovessimo dire alla propria moglie che il nostro rapporto di coppia non funzione per colpa sua. Quale sarebbe la sua reazione? Certamente speculare alla nostra provocazione. Ci risponderebbe, per contro, che dipende soltanto da noi. Proviamo invece a dire che, se le cose non vanno bene, è anche colpa nostra. Allora la risposta di nostra moglie sarà altrettanto speculare, ma costruttiva: “Non è solo colpa tua, ho sbagliato anch’io”.

Bene. Adesso, immaginiamo di usare lo stesso atteggiamento causativo in azienda, verso i nostri collaboratori: “Scusami, forse sono stato io a non spiegarmi bene”. La risposta che riceveremo probabilmente, sarà: “No, scusami tu. Sono io che devo stare più attento”.

In altre parole, è possibile sviluppare una vera leadership solo quando il manager agisce in modo causativo nei confronti dei propri collaboratori i quali, in conseguenza di ciò, diventano a loro volta più responsabili, più efficienti e più causativi, appunto.

Ecco, questo è il primo dato da tenere in debita considerazione, se davvero intendiamo essere i protagonisti di una leadership. Il leader è qualcuno i cui ordini o richieste sono eseguiti con orgoglio dai propri collaboratori.

Il sentirsi causa, e non fissarsi sull’effetto, significa dare valore al prossimo e prendersi cura di lui, sia esso un famigliare, un amico o un collaboratore. Questa è la maniera più corretta, ancorché utile, di ottenere grandi risultati, personali e professionali, e attuare finalmente una vera leadership.

Giovanni Matera

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