Non si vince nel mercato. Si vince nella mente.
Inventare il futuro oggi, è il futuro.
Il vecchio modo di fare impresa, che riprende ancora i modelli che andavano “forte” negli anni ’70 e ’80 non va più bene nella società attuale perché i mercati sono saturi di prodotti, non c’è più nulla da inventare di nuovo e ogni macro-nicchia e già occupata da un leader di categoria.
Prima si poteva ragionare creando un’azienda partendo dal prodotto. L’imprenditore creava un prodotto o un servizio che mediamente non esistevano sul mercato e riusciva a prosperare facilmente, con il minimo (o nullo) sforzo di marketing.
Si partiva da un vuoto fisico nel mondo reale e lo si colmava con un prodotto. Oggi non è più possibile ragionare in questa maniera, perché non esistono più vuoti fisici. È difficile per l’imprenditore medio trovare una categoria completamente vuota su cui ci sia abbastanza domanda da poter prosperare.
Quindi cosa fare? L’unica soluzione è colmare gli “spazzi mentali” nella mente dei consumatori. Il nostro compito ora non è più ricercare il prodotto migliore, che ancora non esiste sul mercato, ma quello di trovare uno spazio nella mente dei nostri clienti che possiamo occupare con il nostro prodotto o servizio. E da lì, far girare tutti gli ingranaggi di marketing e vendite. È inutile cercare di far crescere l’azienda investendo soldi su nuovi prodotti, se poi non ci sono vuoti da colmare. È folle inviare e-mail, newsletter, scrivere libri, elaborare il più complesso dei funnel, quando tutto questo non deriva da un posizionamento sensato nella mente del cliente.
La strada verso il fallimento è lastricata di imprenditori che pensavano di non dover posizionare il proprio prodotto. Vogliamo essere tra questi?
Il problema delle aziende vecchio modello, nate nell’era della produzione e passate poi a essere governate dal reparto finanziario, è che non riescono a gestire bene il cambiamento. Il cambiamento si gestisce lanciando nuovi brand (nuove categorie nella mente), non cercando di espandere il raggio d’azione dei vecchi brand (spalmando lo stesso brand su tutta la gamma dei prodotti che si producono). Come dire: il mio brand, cucine “Matera Arredamenti”, è conosciuto, perché non vendere anche pentole. Per le pentole devo creare un altro brand, cioè una nuova categoria. Questo problema, purtroppo, non è ancora compreso appieno né dagli imprenditori, né da laureati in marketing.
Oltre a quanto detto, vi è anche il problema generazionale. Il management della maggior parte delle aziende è anziano. Gli imprenditori italiani che stanno o dovranno affrontare a breve il dilemma di chiudere o passare ai figli l’azienda, per sopraggiunta anzianità, sono affezionati ai loro brand con cui sono cresciuti (io stesso sto vivendo questa esperienza nel trasferire la mia azienda ai miei figli) e cercano di imporli su prodotti o servizi della nuova generazione, sbagliando.
Ora vediamo insieme “i principi del posizionamento del XXI secolo”:
Un brand si crea nella mente, non nel mercato. La mente è il luogo dove è più difficile entrare. Ciò che sarebbe razionale nel mercato non sempre lo è nella mente dei nostri possibili clienti. Non si vince nel mercato. Si vince nella mente.
Cerchiamo una posizione ancora libera nella mente e diventiamo il primo brand a occuparla. Amazon è stato il primo brand a occupare la posizione “La libreria più grande del mondo”. Una nuova categoria richiede un nuovo nome di brand.
Manteniamo focalizzato il nostro brand e resistiamo alla tentazione di espanderlo continuamente su altri prodotti, potrebbe indebolirlo nella mente.
Cerchiamo di essere differenti, non migliori. I consumatori non hanno nessun modo di sapere quale brand sia il migliore. È per ciò che presumono che il brand leader sia il migliore, giacché è quello comprato da più persone; quindi, se non siamo leader, dobbiamo focalizzarci su una differenza del prodotto.
Dobbiamo orientarci alla concorrenza non al cliente. Abbandonando le auto a due ruote motrici, Subaru è diventata l’unica compagnia automobilistica focalizzata su veicoli a trazione integrale, Hyundai con le auto economiche.
Oltre a tutte le cose che abbiamo già analizzato fino a questo punto, riguardanti il posizionamento e la focalizzazione per lanciare un brand, sono necessarie due strategie. Una per farlo decollare e l’altra per tenerlo in quota. Purtroppo le lauree a indirizzo economico con specializzazioni in marketing, gli MBA ecc., non insegnano marketing agli imprenditori, poiché le università hanno come scopo quello di creare dei manager; ossia dei fedeli dipendenti (e non concorrenti) che vadano a gestire le operazioni quotidiane delle aziende esistenti e già avviate. Non mirano a creare imprenditori che sappiano aprire nuove aziende e lanciare nuovi brand. Sicché i nostri giovani laureati, anche con un master in tasca, sono pronti per partecipare a concorsi o a selezioni per trovare un posto di lavoro; e quando non lo trovano, sono pronti a fare le valige. Ancora una volta sembra che lo scopo sia di creare cittadini abbastanza istruiti da svolgere un lavoro sotto la supervisione di qualcuno, ma non abbastanza da mettere in discussione l’autorità o cercare di elevarsi sopra la propria classe sociale.
Tornando al punto, quindi, diciamo che l’istruzione formale universitaria si concentra sulla seconda delle due strategie, cioè quella con orientamento gestionale di un business già maturo. Ma le aziende hanno bisogno di una strategia per partire. Le aziende di successo infatti hanno sempre avuto due strategie e spesso non sono state lanciate da manager laureati ma da ragazzi in un garage. Ragazzi in gamba che hanno assunto manager quando l’azienda si era già sviluppata (perché altrimenti gliel’avrebbero fatta saltare per aria, se fossero arrivati prima).
Giovanni Matera
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