Cittadino vota pure. Tanto decidono i mercati

 “I Padroni del Mondo” pubblicato dallo storico Alessandro Volpi e “Titans of Capital” pubblicato da Peter Philips raccontano “come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia”. Entrambi sostengono che oggi i poteri più forti non siano i multimiliardari tecnologici, Elon Musk né le vituperate “multinazionali”. Sono invece i colossi della gestione patrimoniale, dunque i manager che li gestiscono. Vale a dire personaggi sconosciuti al pubblico, che siedono nei consigli di aziende dai nomi poco familiari per chi non segue la finanza: BlackRock, Vanguard, Amundi ecc.

Grazie al lavoro del sociologo americano Peter Phillips, ne abbiamo messi in fila 117. Sono gli uomini e le (poche) donne che, attraverso i primi dieci fondi d’investimento finanziario al mondo, amministrano circa 50 mila miliardi di dollari. Una massa di capitali enorme, pari a 25 volte il prodotto interno lordo italiano, che può spingere nella polvere o sugli altari.

 La maggior parte dei loro nomi non dice nulla all’opinione pubblica. Gli elettori delle democrazie occidentali in genere ignorano persino la loro esistenza. Eppure la qualità della vita di miliardi di persone e a volte persino la vita stessa, dipende da loro.

Loro, infatti, sono i mercati. Selvaggi, incontrollati o per lo meno incontrollabili da parlamenti e governi democraticamente eletti, seguono un’unica regola quella di fare i soldi. Così le società amministrate dai 117 sono talmente ricche e potenti da essere sempre trattate con reverenza e rispetto da governi, agenzie d’intelligenze e media, militari, imprenditori e capitalisti in genere. Anche perché detengono partecipazioni in tutte le più grandi aziende del mondo: in quelle petrolifere, tecnologiche, farmaceutiche, automobilistiche, chimiche, alimentari e di armi.

 I 117 siedono, a seconda dei casi, nei rispettivi consigli di amministrazioni ma anche nei board del fondo monetario internazionale (una specie di banca centrale delle banche centrali), del consiglio atlantico Nato; hanno ruoli nella Federal Reserve e nel suo braccio armato che opera direttamente sui mercati, la Fed di New York, in molte università e in decine di Ong il cui unico scopo è quello di fare del bene. Sono presenti nell’associazione delle banche svizzere, nel fondo sovrano del Kuwait, nel gruppo di esperti Onu per la riduzione delle emissioni ecc.

“Una sorta di contrappasso per un sistema capitalistico impazzito in cui si accumula denaro con la finanza, si investe in tabacco, nei missili, in produzioni inquinanti, ma poi ci si dedica all’arte, alla cultura alla bellezza, alla beneficenza.”. (Peter Gomez).

 Da quanto sopra detto, è chiaro che ciò che votiamo come cittadini conta fino a un certo punto (e a volte niente), perché le decisioni di peso non sono prese dai parlamenti e dai governi. A scegliere, sempre nello stesso modo in nome della razionalità, sono loro: i 117 padroni del mondo e dei mercati. Del resto non era Mario Draghi ad aver detto “abbiamo messo il pilota automatico?”. E non fu l’ex Commissario europeo al Bilancio, Gunther Oettinger, a pronunciare la seguente frase? “I mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto”.

Intendiamoci, il debito pubblico è un vero problema per molti Stati; ed è logico che chi in ultima analisi è tra i creditori più importanti, voglia garantirsi il rientro della somma prestata. Ma davvero la democrazia e il benessere dei cittadini possono essere totalmente sacrificati sull’altare delle scelte dei 117?

Nel 2015, in occasione della crisi greca, nel giro di 48 ore il governo di Atene fu costretto a buttare alle ortiche l’esito di un referendum popolare che aveva bocciato i sanguinosi piani di rientro imposti dal Fondo Monetario Internazionale, banca centrale Europea e Unione Europea. Per i greci fu la fame, l’assenza di molte cure mediche e di assistenza.

L’ipotesi di incamerare una minuscola perdita alle società dei 117 padroni del mondo, non fu nemmeno presa in considerazione. Nessuna mano sulla coscienza. Non poteva essere altrimenti.

Perché i “mercati – spiegava già un secolo fa l’economista John Maynard Keynes -“sono mossi da spiriti animaleschi. Non dalla ragione”.

Così anche negli anni dell’avvento dell’intelligenza artificiale vince la naturale stupidità umana.

In passato i leader politici e i capi degli Stati che impersonavano la capacità e la forza decisionale erano esseri umani e, almeno in una certa misura, condizionabili con il voto popolare. La finanza era ancora subordinata alla politica, decisioni e azioni non erano mosse esclusivamente dal perseguimento del profitto. Poi, a mano a mano che le decisioni sono state legate al “mercato”, la nebbia si è fatta fitta, le figure sono sbiadite.

Ora vediamo governi che svolgono ruoli puramente notarili, registrano e mettono in pratica cose decise in un qualche altrove e imposte senza possibilità di rifiuto, poiché le punizioni minacciate sono terrorizzanti. La Grecia, estate 2015, come già detto, lo sta a testimoniare.

Giovanni Matera

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