Desertificazione demografica in Puglia: quattro concause di un esodo silenzioso

“La desertificazione demografica non è solo assenza di persone, ma assenza di speranza. In Puglia, quattro concause scavano silenziosamente il vuoto di chi parte… e il silenzio di chi resta.”

C’è un silenzio che fa rumore. È il silenzio delle scuole che chiudono, delle piazze svuotate, delle case lasciate vuote da giovani famiglie che fanno le valigie e partono. Non è solo una questione di numeri, ma di vite. Oltre 17.000 persone in meno in un solo anno, come se un’intera città – Ginosa, ad esempio – sparisse all’improvviso dalla mappa della Puglia. In dieci anni, più di 150.000 pugliesi se ne sono andati. Eppure, non si tratta di una calamità naturale. È un processo preciso, con concause individuabili. E, soprattutto, reversibile.

L’europarlamentare Valentina Palmisano l’ha detto con chiarezza: “Non si può restare indifferenti”. E ha ragione. Perché la desertificazione demografica è una bomba a orologeria che riguarda tutti: cittadini, famiglie, scuole, imprese e istituzioni. Vediamo insieme le quattro concause principali di questo fenomeno.

  1. Il sistema che scoraggia l’iniziativa. Viviamo in una società in cui il “sistema” ha smesso di valorizzare la manualità, l’ingegno, l’artigianato. Ci vuole tutti consumatori passivi, dipendenti senza voce, impiegati dentro meccanismi rigidi. È un sistema che ha sostituito l’ambizione con il concorso pubblico, l’impresa con la sicurezza dello stipendio fisso. Si va a scuola per diventare esecutori, non creatori.

Si è fatto di tutto per demolire l’autonomia, la cultura d’impresa, la fierezza di chi “sa fare”. E così, la grande distribuzione ha preso il posto delle botteghe, la passività ha soppiantato l’intraprendenza

  1. Una scuola che insegna a sapere, ma non a fare. Il sapere teorico non basta più. Ma il nostro sistema educativo continua a essere servile nei confronti del sistema stesso. Le medie inferiori, in particolare, sono il simbolo di un modello scolastico basato sul nozionismo sterile, senza spazi dedicati all’educazione alla cittadinanza economica, all’imprenditorialità o all’uso consapevole dei social.

Servirebbe introdurre almeno un’ora settimanale dedicata a educazione imprenditoriale ed educazione digitale, per aiutare i ragazzi a immaginare un futuro diverso. Ma ciò significherebbe fornire loro strumenti per affrancarsi dal “sistema”. E allora… si continua a ignorare questa necessità.

  1. La famiglia che teme il mestiere e sogna il titolo. “Non ho fatto mancare niente a mio figlio” è una frase che nasconde, talvolta, un equivoco pericoloso. Abbiamo educato intere generazioni a credere che il mestiere sia una scelta di serie B, mentre il “pezzo di carta” è la chiave del successo. Ma se tutti diventano dottori, chi rimarrà a lavorare con le mani, nei laboratori, nelle officine, nei cantieri, nelle aziende agricole?

Intanto, l’Italia ha un disperato bisogno di manodopera qualificata – 800.000 lavoratori mancanti – eppure continuiamo a esportare cervelli. I nostri figli diventano ingegneri, medici, ricercatori… per altri Paesi. Formati in Italia con un costo medio di 130.000 euro ciascuno, arricchiscono il Regno Unito, la Francia, la Germania, l’Australia. Un paradosso che paghiamo tutti.

 

  1. Imprese poco attrattive e impreparazione culturale. Le nostre imprese – soprattutto nel Sud – sono spesso di piccole dimensioni. Il 90% ha meno di 15 dipendenti. Non riescono a offrire quel modello di lavoro che oggi i giovani chiedono con decisione:

Fino a quando le imprese non comprenderanno che il lavoro è cambiato, continueranno a perdere giovani talenti. E la colpa non è solo degli imprenditori: le associazioni di categoria dovrebbero guidare questo cambiamento culturale. Ma tacciono. E intanto, i giovani scelgono altri lidi.

 

Una fuga che possiamo (e dobbiamo) fermare. Non è più tempo di restare a guardare. La desertificazione demografica non è un destino scritto, ma una direzione che si può cambiare. La Puglia – come il resto del Mezzogiorno – ha risorse straordinarie: bellezza, storia, clima, talento, umanità.

Ciò che serve è un diritto concreto a restare. Politiche pubbliche che incentivino l’imprenditorialità, che valorizzino le aree interne, che investano davvero su sanità, mobilità, connessioni digitali e formazione.

I nostri giovani non devono essere costretti a partire per trovare dignità. Devono avere il diritto di scegliere se restare. E restare deve essere una scelta che ha senso.

Il futuro inizia oggi. Non possiamo aspettare ancora. La desertificazione demografica è una questione sociale, economica, culturale. Ma è, soprattutto, una ferita aperta nel cuore delle nostre comunità. Riapriamo il dialogo. Rivalutiamo l’orgoglio del lavoro. Riformiamo la scuola. Accompagniamo i genitori. Aiutiamo gli imprenditori a diventare leader del cambiamento.

È tempo di riscrivere il presente, per dare un futuro alla Puglia e al Mezzogiorno. Perché nessun ragazzo debba più scegliere tra dignità e radici.

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Giovanni Matera

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